Vincenzo Zannini all’inaugurazione, come un bambino felice, si aggirava tra il pubblico munito di penna per concedere autografi come una vecchia star della fotografia. Con quel suo fare ironico anche con se stesso.
Zannini è un assiduo frequentatore di appuntamenti fotografici in città e questo suo presenzialismo, nell’accezione migliore del termine, lo ha aiutato a sviluppare un certo senso critico su quella che è l’offerta fotografica proposta in occasione di mostre e incontri con gli autori.
È probabilmente stata un tipo di formazione che lo ha portato a sviluppare una propria ricerca visiva lontana dagli stereotipi più sfruttati della fotografia.
Uno di quelli che si stacca dal branco per cercare la propria strada. Un Jonathan Livingston della fotografia partenopea che sperimenta nuovi voli senza temere di cadere.
Ho presentato queste immagini senza pretese, come un bambino al suo primo giorno di scuola che vuole sperimentare le informazioni che gli arrivano dalla maestra.
E infatti, le immagini di Vincenzo Zannini possono non sembrare perfette per i puristi maniacali della postproduzione perché quello che conta è il concept, la ricerca, la sperimentazione. Il poter dimostrare che è possibile fare fotografia senza realizzare fotografia in senso lato. Pur restituendo visioni che fanno riflettere.
Riflessioni sulla decadenza urbanistica. Un tema ricorrente nelle immagini di Vincenzo Zannini che rielabora il suo pessimismo di fondo riportando l’attuale nel passato contraendo lo spazio temporale attraverso le sue “antografie”.
Antografia: l’arte di esprimere simbolicamente idee e sentimenti con il colore e la disposizione dei fiori.
Vocab. Garzanti
Le antografie di Vincenzo Zannini sono immagini in bianconero disposte in maniera sovrapposta e che si rapportano con luoghi contemporanei e del passato. C’è il Centro Direzionale, luogo nato da un grande progetto di organizzazione della città ma che non ha mai decollato e ambientazioni archeologiche come l’Anfiteatro Flavio. Perché certa architettura contemporanea e i resti del passato sono spesso senza una progettualità di mantenimento.
Antografie che esprimono quel sentimento sarcastico del pessimismo dell’autore, facendo combaciare le prospettive dei differenti luoghi come in immagini stereoscopiche ma monoculari.
Probabilmente è anche una sorta di inconscia deformazione professionale che aiuta Vincenzo Zannini nella sua ricerca visto che, dopo il diploma di ottico, ha conseguito studi di oftalmologia per la diagnosi dei strabismi dei bambini.
Vincenzo Zannini, classe 1968, è affascinato dallo stile di Gabriele Basilico e Mimmo Jodice, ma persegue un proprio stile sempre con quel suo spirito “da bambino” curioso che vuole individuare cosa può restituirgli la fotografia attraverso una sua costante ricerca e sperimentazione. Utilizzando contrasti forti con neri intensi e luci “sparate”.
Alcune sue immagini possono ricordare quelle di Gennady Blohin o comunque un certo genere di surrealismo contemporaneo sfruttando la tecnica del sandwich che ha le sue prime origini con Henry Peach Robinson fino al più moderno Art Kane.
Tutte immagini prese tra il 2014 e il 2019, una piccola antologia fotografica. Un’Anto-grafia.
Il MADRE sul MADRE, la facciata dell’ufficio postale di p.zza Matteotti con un’auto velata dei Quartieri Spagnoli, guaine per cavi elettrici ripresi a Castel S.Elmo che si immettono nei balconi di un palazzo di via Dei Mille, la città che viene inghiottita come in una cascata di palazzi nel “canale” di Spaccanapoli… il tutto senza presenza umana.
Anzi, solo in un’immagine compare un uomo e il suo doppio: un osservatore. Qualcuno che osserva qualcosa di indefinibile, curvo in avanti. <
Antografia 2014-2019 | Una mostra di Vincenzo Zannini
Rassegna fotografica fotoart in Garage a cura di Gianni Biccari
Dal 18 al 31gennaio
ArtGarage
P.co Bognar 21 – Pozzuoli (NA)
Orari: 10.00-16.00 escluso domenica
Ingresso libero