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Attività didattiche // Pagina 77 di 106
30.11.2015 # 4399
17 / 12 / 2015  Lezione su Vivian Maier

Ilas Web Editor //

17 / 12 / 2015
Lezione su Vivian Maier

Partecipazione gratuita riservata agli studenti del corso di fotografia Ilas

Ore 11.00 - Aula 4 Ilas
Modulo extra di Critica fotografica



La decima lezione è dedicata a 
Vivian Maier

Tra i fotografi più sorprendenti del XX secolo, Vivian Maier occupa un posto d'onore, faticosamente conquistato dopo anni di anonimato, e grazie a una progressiva scoperta, lenta e entusiasmante, del suo inedito patrimonio iconografico. 

Le sue immagini ritraggono: volti, ombre e riflessi, scattati dalla fotografa lungo le strade dell'American Lifestyle, svelati da più di centomila negativi, finiti all'asta. 

La storia di Vivien Maier è avvolta nel mistero, di lei si sa che nasce a New York nel 1926, che nella giovinezza si divide tra la Francia e gli Stati Uniti, che il padre era andato via di casa nel 1939 e che lei, dopo aver lavorato in una fabbrica di New York, si trasferisce a Chicago e qui, per circa quarant'anni, vive facendo la babysitter. 

La gente la ricorda riservata, mentre andava a spasso per le strade della città con la sua Rolleiflex 6×6, facendo foto che non mostrava a nessuno. 


Bambinaia per le famiglie benestanti di New York e Chicago sino dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, per oltre cinque decadi ha fotografato la vita nelle strade delle città in cui ha vissuto senza mai far conoscere il proprio lavoro. 

Ciò che ha lasciato è un archivio sterminato, con più di 150.000 negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la tata “francese”accumulava nelle stanze in cui si trovava a vivere, custodendo tutto con grande gelosia.

Confinato infine in un magazzino, il materiale è stato confiscato nel 2007, per il mancato pagamento dell’affitto, e quindi scoperto dal giovane John Maloof in una casa d’aste di Chicago. 


Appassionata di cinema europeo, impara l'inglese andando a teatro, veste abiti e scarpe da uomo e indossa grandi cappelli. Una donna che non amava parlare, così la ricordano gli impiegati nello storico negozio di apparecchiature fotografiche di Chicago Central Camera, e i suoi ultimi giorni li ha trascorsi in una casa pagata dai tre ragazzi che aveva accudito fino agli anni '60. Sono loro, raggiunti da Maloof, in un tentativo di ricostruire la biografia della fotografa, a raccontare di una donna misteriosa, socialista, femminista e anti-cattolica, che scattava fotografie in continuazione. 



Maloof aveva cercato di contattarla circa un anno dopo l'acquisizione della collezione, dopo aver scoperto il suo nome, scritto a penna con una accurata grafia di altri tempi, a margine di una busta porta negativi. 

Digitando le parole Vivian Maier su Google aveva trovato però solo un annuncio mortuario. "Vivian Maier, nata in Francia e residente a Chicago negli ultimi 50 anni è morta serenamente lo scorso lunedì  -  recitava così il necrologio apparso su un quotidiano locale - Seconda madre di John, Lane e Matthew. Uno spirito libero che ha magicamente toccato le vite di chi la conosceva. Critica cinematografica e straordinaria fotografa". 
Paradossalmente la donna era morta il giorno prima dell'inizio delle ricerche di Maloff. 

La storia di Vivian, dei suoi soggetti che a tratti ricordano l'asperità dei personaggi di Diane Arbus, dei suoi rullini non sviluppati e della sua tecnica unica, diventa per lui quasi un'ossessione. 

L'agente decide di comprare una Rolleiflex come quella di Vivian e di scendere per le vie di Chicago per ripercorrere le sue tracce. Capisce così il valore di quegli scatti, la difficoltà di cogliere quelle espressioni, e decide di pubblicare l'opera online. In attesa di scrivere un libro sulla fotografa del mistero. 


A conquistare il pubblico, prima ancora delle fotografie, è la storia di “tata Vivian”, perfetta per un romanzo esistenziale o come trama di una commedia agrodolce; talmente insolita, talmente affascinante, da non sembrare vera.

Ma al di là del racconto, al di là delle note biografiche, dei piccoli grandi segreti rivelati dalle persone che l’hanno conosciuta, al di là del suo ritratto di donna eccentrica e riservata, dura e curiosa come pochi altri, custode di un mistero non ancora svelato, al di là di tutto c’è il grande lavoro fotografico di Vivian Maier, su cui molto rimane ancora da dire.

Vivian Maier ha scattato perlopiù nel tempo libero e a giudicare dai risultati si può credere che, in quel tempo, non abbia fatto altro. I suoi soggetti prediletti sono stati le strade e le persone, più raramente le architetture, gli oggetti e i paesaggi.

Fotografava ciò che improvvisamente le si presentava davanti, che fosse strano, insolito, degno di nota, o la più comune delle azioni quotidiane. 

Il suo mondo erano “gli altri”, gli sconosciuti, le persone anonime delle città, con cui entrava in contatto per brevi momenti, sempre mantenendo una certa distanza che le permetteva di fare dei soggetti ritratti i protagonisti inconsapevoli di piccole-grandi storie senza importanza.

Ogni tanto però, in alcune composizioni più ardite, Vivian Maier si rendeva visibile, superava la soglia della scena per divenire lei stessa parte del suo racconto. 

In questa indagine senza fine talvolta coinvolgeva anche i bambini che le venivano affidati, costringendoli a seguirla in giro per la città, in zone spesso degradate di New York o di Chicago. 

A uno sguardo sensibile e benevolo per gli umili, gli emarginati, univa una vena sarcastica, evidente in molti scatti rubati, che colpiva un po’ tutti, dai ricchi borghesi dei quartieri alti agli sbandati delle periferie. 

Le grandi istituzioni museali fanno però fatica a legittimare il suo lavoro, vuoi perché, in tutta una vita, non ebbe una sola occasione per mostrarlo, vuoi per la diffusa – e legittima - diffidenza verso l’attività degli “hobbisti”. 

Delle opere di Vivian Maier non colpisce soltanto la capacità di osservazione, l’occhio vigile e attento a ogni sensibile variazione dell’insieme, l’abilità di composizione e di inquadramento. Ciò che più impressiona è la facilità nel passare da un registro all’altro, dalla cronaca, alla tragedia, alla commedia dell’assurdo, sempre tendendo saldamente fede al proprio sguardo. 

La sua voce è rimasta per molto tempo fuori dal coro, ma senza dubbio ben accordata”.





05.12.2015 # 4983
17 / 12 / 2015  Lezione su Vivian Maier

Ilas Web Editor //

DAL 5/12 - CORSO DI GRAFICA E WEB DESIGN

La sessione di dicembre dei corsi annuali ILAS

I corsi annuali ilas, una full-immersion nella progettazione visiva con i migliori professionisti della comunicazione. Nelle aule informatiche Apple iMac Ilas, perfettamente attrezzate con una postazione per ogni studente.

Prossima sessione: 5 dicembre 2017 
Pubblicità, Grafica Pubblicitaria, Grafica 3D, Fotografia Pubblicitaria, Web Design e Social Media Marketing. La formazione Ilas propone programmi articolati per una formazione completa in tutti i settori della comunicazione visiva.



Come sono strutturati i corsi?

Per offrire una preparazione professionale all'avanguardia, gli allievi utilizzano computer Apple® iMac così da acquisire la padronanza necessaria con il sistema operativo più diffuso nel settore della comunicazione. Attività teorica, pratica e laboratoriale sono svolte con la formula del work in progress consentendo all’allievo di sperimentare praticamente quanto appreso durante le lezioni dedicate alla teoria: ogni progetto sviluppato coincide, infatti, con uno step teorico così da permettere una migliore comprensione della progettazione e della realizzazione di ogni lavoro.


Corsi specialistici totalmente
operativi in aula informatica.


Ogni studente ha a disposizione
una propria postazione iMac individuale.


Docenti esclusivamente professionisti
laureati o certificati ACI e ACE Adobe


Il metodo Ilas

La struttura del corso prevede 2 incontri settimanali tesi a sviluppare parallelamente il percorso teorico e quello tecnico-operativo. Le lezioni si svolgono in forma laboratoriale, cioè con l'utilizzo costante del computer e dei software impiegati per la progettazione grafica. Per valorizzare gli aspetti della creatività pubblicitaria, gli allievi sono già dai primi giorni impegnati nella realizzazione di artworks.


"Aule progettate per consentire agli studenti
di ottimizzare il processo di apprendimento."


Sei mai stato a un seminario Ilas?

I seminari sono un momento formativo di grande importanza per gli allievi ilas, che hanno la possibilità di confrontarsi con personaggi di rilievo, ascoltarne i preziosi consigli ed esperienze e porre loro domande. Per questo motivo, fin dal 1999 Ilas ha organizzato incontri con i più importanti pubblicitari ed esperti di comunicazione.


Ogni anno ilas promuove un ciclo di incontri sotto forma di seminari, workshop, happening e videoconferenze distribuiti lungo tutto l'arco del percorso di studi, con l'obiettivo di motivare lo studente ad approfondire la conoscenza reale del proprio settore lavorativo,mettendolo in contatto diretto con direttori creativi, art director, fotografi, designer di fama nazionale e internazionale.


Crea il tuo portfolio online

Il Portfolio Ilas è un formidabile strumento di promozione per gli studenti ilas. Ogni allievo ha la possibilità di inserire i propri lavori, prodotti nell’ambito dei corsi, all’interno della ilasgallery allegando la propria fotografia e tutti i contatti sui vari social, da Facebook a Behance, da Pinterest a Skype.

"Durante il corso inserisci le tue immagini
sul portfolio e il tuo sito è già online"


Inserendo i tuoi lavori nella gallery, il sistema informatico realizzerà automaticamente il tuo sito internet personale che potrai comunicare alle agenzie e ai clienti per promuovere il tuo lavoro. Puoi inserire il tuo logo, scegliere il fondo e separare i tuoi lavori scolastici da quelli personali. E all'interno del sito è stato implementato un potente motore di ricerca che consente alle aziende di cercare i profili migliori attraverso una infinita serie di parametri e alla geolocalizzazione.

Approfitta delle offerte ILAS per risparmiare.

Sei uno studente o un diplomato dell'Accademia o di Architettura? Risparmi fino a 660,00 euro.

Gli studenti e i diplomati delle Accademie di Belle Arti e gli studenti dei corsi universitari di architettura, possono usufruire del listino scontato su tutti i corsi ILAS. Il risparmio è di 660,00 euro sui corsi di Grafica e Web Design, di 440,00 euro sul corso di Fotografia Pubblicitaria e di 220,00 euro sul corso di Pubblicità Art & Copy.

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Sei un diplomato ilas?

Il listino Accademie e Architettura viene applicato anche agli studenti diplomati nei corsi annuali ilas che intendono frequentare un ulteriore percorso formativo. In più i diplomati ilas non pagano la quota di iscrizione su tutti i corsi successivi al primo.




04.12.2015 # 4402
17 / 12 / 2015  Lezione su Vivian Maier

Ilas Web Editor //

Corso di Pubblicità 2015 / 2016 - Programma e slides online

Data di inizio: dicembre 2015

Corso di Pubblicità Ilas 2015 / 2016  

Data di inizio: dicembre 2015

In quest'area hai la possibilità di scaricare il materiale e verificare il calendario delle lezioni svolte.

Per aprire i file delle slide occorre utilizzare la password che ti è stata inviata via sms.
Hai dimenticato la password? Richiedila qui indicando cognome e matricola

Per scaricare i file vai al sito dedicato ai download




Link utili


04.12.2015 # 4401
17 / 12 / 2015  Lezione su Vivian Maier

Ilas Web Editor //

Doppio workshop con Sergio Guida, Fashion Brand Strategist

Mercoledì 9 e Venerdì 11 dicembre, Fashion Branding e Branding emozionale applicati al settore della moda.

Un nuovo doppio appuntamento alla ilas: due workshop specialistici con Sergio Guida, Fashion Brand Strategist, per parlare delle strategie di branding e approfondire gli aspetti più significativi del branding Emozionale applicate al settore Moda e Fashion.


Workshop 
FASHION BRANDING 
Strategia del Branding applicato al settore Moda

Data dell'evento
9 dicembre / 4 ore / 15,00-19,00
 
Programma sintetico del corso:
- Brevi cenni storici e teorici sul fashion branding;
- Equilibrio tra Prodotto e comunicazione percettiva del Fashion Branding;
- Differenza tra USP ed ESP; 
- Contaminazione del fashion Branding in altri settori merceologici;
- Come individuare l’essenza  di un Brand Moda (mini workshop);
- Strategia della comunicazione di un fashion Brand.



Workshop  
BRANDING EMOZIONALE 
Branding Emozionale e Storytelling applicati ad un marchio Moda

Data dell'evento
11 dicembre / 4 ore / 15,00-19,00
 
Programma sintetico del corso:
- Accenni Storici e teorici di un Branding emozionale
- Lovemarks
- Attributi di una Lovemark applicati ad un fashion brand 
- Storytelling come comunicazione in un Brand di Moda   
- Come impostare una campagna pubblicitaria Emozionale per un fashion Brand 

CHI PUÒ PARTECIPARE
Possono partecipare ai workshop gli studenti ilas in corso, allievi diplomati ilas, studenti provenienti da altre università e scuole, professionisti esterni.

COME ISCRIVERSI
La modalità di iscrizione prevista è esclusivamente online, ed è possibile iscriversi al singolo workshop o ad entrambi. L’iscrizione ad entrambi i workshop garantisce una riduzione sul prezzo di listino secondo questo schema:

LISTINO PREZZI

SINGOLO WORKSHOP
Studenti ed ex studenti ilas: 25,00 euro iva compresa
Esterni: 50,00 euro iva compresa

DOPPIO WORKSHOP
Studenti ed ex studenti ilas: 40,00 euro iva compresa
Esterni: 70,00 euro iva compresa




CHI È SERGIO GUIDA
Nato a Napoli lavora da oltre 25 anni nel settore della comunicazione moda nel mercato Internazionale. Dopo aver lavorato in Italia ed in Francia, Sergio ha fondato la sua agenzia specializzata nella moda in Nuova Zelanda ed Australia circa 20 anni fa ed ha collaborato come Direttore Creativo per campagne pubblicitarie specifiche nel settore moda con Saatchi & Saatchi Auckland dove e’ entrato in contatto con Kevin Roberts autore del libro LOVEMARKS.  Sergio ha inoltre lavorato come direttore creativo nell’Agenzia di comunicazione Ogilvy.

Oggi Sergio vive e lavora a Berlino dove svolge prevalentemente il ruolo di fashion Brand strategist e Direttore Creativo e, in collaborazione con creativi Internazionali, sta costituendo due nuove agenzie sempre specializzate nel settore moda.





17.11.2015 # 4389
17 / 12 / 2015  Lezione su Vivian Maier

Ilas Web Editor //

19 / 11 / 2015
Lezione su Mario Giacomelli

Partecipazione gratuita riservata agli studenti del corso di fotografia Ilas

Ore 11.00 - Aula 4 Ilas
Modulo extra di Critica fotografica



La nona lezione è dedicata a 
Mario Giacomelli


Il percorso di Mario Giacomelli come fotografo è probabilmente uno dei più atipici per questo grande maestro della fotografia.

Nato a Senigallia nel 1925 in una famiglia poverissima, a tredici anni Mario Giacomelli comincia a lavorare in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa.

Nel 1954 acquista la sua prima macchina fotografica.

Tra il 1954 e il 1957 partecipa a numerosi concorsi fotografici in Italia.

Dopo aver completato la sua prima serie "Vita d'ospizio", comincia una serie di nudi femminili e maschili che abbandona negli anni sessanta. Assalito da un'ansia investigativa sulla sua identità di narratore, Giacomelli inizia a viaggiare, ma sono solo delle escursioni in altri mondi e in altri modi di vivere più che dei veri e propri viaggi, che lo riportano alla sua infanzia e condizione sociale.

Nella primavera del 1957 si reca a Scanno, un villaggio dell'Italia centrale che aveva affascinato anche Cartier-Bresson, dove Giacomelli produce capolavori quali "Il ragazzo di Scanno".

Alla nascita del figlio Neris, la famiglia si reca a Lourdes dove Giacomelli realizza delle immagini di straordinario impatto emotivo. Negli anni sessanta, Giacomelli lavora al progetto "Non ho mani che mi accarezzino il volto", universalmente conosciuto come la serie dei "Pretini", un gruppo di immagini realizzate nel seminario di Senigallia, presentate da Ferrania per la prima volta nell'edizione di Photokina di Colonia. John Szarbowsky, all'epoca direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York acquista alcune immagini della serie "Scanno" e le pubblica nel volume "Looking at Photographs: 100 Pictures from the Collection of the Museum of modern Art".

Dopo il grande successo della serie "Pretini" esposti al Metropolitan Museum e a Bruxelles, negli anni settanta Giacomelli approfondisce la sua ricerca sulla natura, con i primi scatti aerei di paesaggi, con un'incursione nel colore.

Dalla fine degli anni settanta, caratterizzati da un sempre crescente legame tra fotografia, arte astratta e poesia,

Giacomelli attraversa un periodo di analisi e approfondimento della propria attività artistica. Mario Giacomelli muore il 25 novembre del 2000.

Dopo la morte dell’Artista, Il Museo comunale d’arte moderna di Senigallia, diretto da Carlo Emanuele Bugatti, ha promosso numerose mostre di Giacomelli, tra cui quelle alla Biblioteca nazionale di Francia e negli Istituti italiani di cultura di New York, Chicago, Los Angeles, Praga. Nella conferenza stampa al Senato vengono presentati i cataloghi, realizzati con la collaborazione del figlio di Giacomelli Simone e della nipote Katiuscia Biondi per le mostre realizzate dal Comune di Senigallia con lo scopo di celebrare il decennale della scomparsa dell’Artista.




LA RICERCA DI GIACOMELLI:

Giacomelli ha messo in piedi una visione personalissima di un lontano e mitico mondo rurale: un viaggio ancestrale ed evocativo in luoghi perduti nella nostra memoria, una fotografia di meditazione ed estemporanea allo stesso tempo.

E’ stata grande la sua attenzione nei confronti del paesaggio che divenne lo spazio del pensiero ed il luogo della meditazione.

Nel viaggio verso la riscoperta della terra, come un piccolo uomo alla riscoperta dell’umanità, Mario Giacomelli diede il massimo della sua capacità di narrazione evocativa, regalando allo spettatore un mondo ricco di vita, sempre minacciato dalla presenza della morte, una morte palpabile ed unica nel suo genere visivo, una morte naturale e immaginaria che venne raffigurata nella rappresentazione di alberi vecchi, morti, antichi come antichi erano quegli anziani dell’ospizio di Senigallia.

Il paesaggio della campagna marchigiana è il frutto di un intenso intervento sulla natura da parte della mano dell'uomo, che ne ha definito le caratteristiche peculiari, rendendolo riconoscibile e suggestivo, ma che continua incessantemente a modificarlo. Giacomelli ha reinventato il paesaggio agricolo, facendolo divenire elemento "astratto", pretesto per esprimere stati d'animo, impressioni, punti di vista estetici.

Qui la "campagna" non è soltanto un dato geografico, ma costituisce un elemento fondamentale della vita e della cultura e Giacomelli ha spesso operato, con generosa disponibilità, documentando con i suoi scatti il costante divenire del paesaggio agricolo.

La fotografia di Giacomelli fu una narrazione costante, non creò semplici immagini, creò racconti, storie di vita, di una vita reale interpretata all’interno di schemi psicologici ben precisi.

Questi erano: la poesia, l’amore, la paura, i ricordi dell’infanzia, la sensibilità per un’estetica fotografica fatta di meditazione, di stasi, di una quiete che in certi momenti sembrava angoscia, sembrava la trasposizione di sentimenti forti come la vita e la morte, la solitudine.

Le immagini e le fotografie di Giacomelli rappresentarono uno specchio su delle realtà prima di tutto interiori, poi umane e, in terzo luogo, sociali.

Le fotografie appaiono proprio come sogni, surreali momenti interiori che dalla realtà traggono solo l’estetica narrativa, ma che nella realizzazione, nella presentazione al pubblico, nello stile, nella tecnica sono finestre sull’io del fotografo.

La fotografia di Giacomelli fu una narrazione costante, non creò semplici immagini, creò racconti, storie di vita, di una vita reale interpretata all’interno di schemi psicologici ben precisi. Questi erano: la poesia, l’amore, la paura, i ricordi dell’infanzia, la sensibilità per un’estetica fotografica fatta di meditazione, di stasi, di una quiete che in certi momenti sembrava angoscia, sembrava la trasposizione di sentimenti forti come la vita e la morte, la solitudine. Tra il 1957 e il 1959 Mario Giacomelli realizzava il racconto su Scanno, “…un paese di favola, di gente semplice, dove per la via principale trovi le mucche, le galline, anche persone… E’ bello anche il contrasto tra le strade bianche e il contrasto di donne e di uomini con mantelli scuri” come osserva Ennery Taramelli in Viaggio nell’Italia del Neorealismo.

Tecnicamente il lavoro si presenta come una registrazione di attimi rubati alla vita comune del paese. Giacomelli espresse al massimo il suo poco considerare l’inquadratura, la messa a fuoco, la perfezione tecnica di ripresa.

Si concentrò sulla realtà, sulla gente, sulla campagna, sul lavoro.

Diede vita a delle foto probabilmente lontane dalla purezza estetica ma cariche di un senso del reale e della vita raro nei fotografi a lui contemporanei.

Anche in quell’esperienza apparve chiaro che la poetica del fotografo si mosse su linee ideali ben precise.

Rinunciando all’estetica Giacomelli presentò quelle immagini come il frutto del suo spirito e come la rappresentazione intima delle sue sensazioni ed emozioni. In queste immagini la fotografia si spoglia del suo essere documentazione diventando elemento di riflessione, il concepimento di una realtà interiore o di una realtà esterna filtrata dalla sensibilità dell’autore.

Le figure cessano di essere persone diventando fantasmi.

Sembrano aggirarsi lentamente in un ambiente surreale, sembrano vivere in una realtà che non è realtà ma costruzione mentale dell’io del fotografo.

Quelle figure solitarie sembrano ricordare le suggestioni di quella morte lenta presente nell’ospizio di Senigallia.

Sembrano quei vecchi che usciti da quella prigione si aggirano silenziosi per le strade del paese, come se volessero seguire il fotografo, perseguitarlo, diventarne il soggetto primo di ogni sua immagine.

Angoscia, senso di morte, oscurità psicologica, purezza.

Tutti elementi che coincidono con le foto di Scanno e di quelle foto ne diventano l’ossatura, la testimonianza concreta di un bisogno di fotografare per esorcizzare prima di tutto le proprie paure, i propri ricordi e, poi, per documentare.

Scanno è stato un non-documento del Mezzogiorno, è stata la visione di un uomo e lo sfogo di un bambino scosso nella mente dai ricordi di figure scure e oscure. Ha rappresentato un intimo inno alla solitudine esistenziale.



11.11.2015 # 4387
17 / 12 / 2015  Lezione su Vivian Maier

Ilas Web Editor //

12 / 11 / 2015
Lezione su Luigi Ghirri

Partecipazione gratuita riservata agli studenti del corso di fotografia Ilas

Ore 11.00 - Aula 4 Ilas
Modulo extra di Critica fotografica



L'ottava lezione è dedicata a 
Luigi Ghirri

Luigi Ghirri (Scandiano 1943 - Roncocesi 1992) è stato uno dei più influenti fotografi europei cui si devono contributi ed iniziative che hanno vivacizzato atmosfera della fotografia italiana dalla metà degli anni '70 in poi.

I suoi lavori sono stai, e sono tutt’oggi, ospitati nei più importati musei di fotografia del mondo.
Tra i suoi estimatori ci sono grandi fotografi come William Eggleston, Stephen Shore e registi come Wim Wenders.

Nato nel 1943, studia e diventa geometra, ma ben presto lascia questa professione per aprire uno studio di grafica, comincia a fotografare alla fine degli anni 60 con una macchina molto basilare regalatagli da uno zio.

La sua fotografia nasce dall’amore per l’arte in generale, la sua attenzione era dedicata al dettaglio e le sfumature, alle piccole cose mai viste prima, o meglio “per ridare dignità alle cose”.

La stessa attenzione è riportata anche nelle sue fotografie del paesaggio urbano e il cambiamento del territorio, ancora oggi spunto per molti fotografi contemporanei; sempre col filo conduttore di non fotografare lo straordinario ma la normalità.

I suoi primi scritti sulla fotografia risalgono al 1973 e sono raccolti insieme a tutti gli altri redatti come introduzioni ai suoi lavori fotografici, presentazioni di mostre ed articoli su quotidiani nel bel libro (Niente di antico sotto il sole, Ed. SEI 1997) curato da Paolo Costantini e da Giovanni Chiaramonte.

 

“Ho imparato, come fotografo e come ricercatore, attraverso la lezione di Ghirri, che è necessario: "nell'unità vivente di parola ed immagine, nel rispecchiamento reciproco di pittura, musica e poesia...uno sguardo nuovo sul mondo (...) evento di un uomo che pieno di stupore e meraviglia ritrova nella fotografia ed attraverso la fotografia la gioia di vedere e far vedere il senso, la necessità, il mistero di ogni figura che appare nel mondo e si riflette, attraverso lo sguardo nelle stanze della nostra memoria, da un manto di stelle accartocciato sino al Davide di Michelangelo in un posacenere di plastica" (Costantini).

 

In un dattiloscritto del 1984: “La fotografia: uno sguardo aperto”, programma di un seminario all'Univ. di Parma, Ghirri afferma:

"Al di là degli intenti descrittivi ed illustrativi, la fotografia si configura così come un metodo per guardare e raffigurare i luoghi, gli oggetti, i volti del nostro tempo, non per catalogarli o definirli, ma per scoprire e costruire immagini che siano nuove possibilità di percezione".

 

Attraverso i suoi testi scopriamo anche un suo costante interesse per la fotografia americana contemporanea, connota magistralmente, in parte criticandola, l'opera di Ansel Adams e si apre con oculate considerazioni alla generazione dei New Topographics.

A William Eggleston (da una certa critica definito l'alfiere del "banalismo fotografico") dedica alcune pagine fondamentali commentando il suo stupore nell'osservare il "cambiamento" dello stile riscontrabile nell'autore statunitense nelle foto esposte nel 1984 al Forum Stadtpark di Graz .

 


Nel 1989 la coppia di amici Luigi Ghirri e Gianni Celati aveva, ognuno con la propria eccelsa capacità descrittiva ed interpretativa, "letto" quel paesaggio per noi così domestico che è la Pianura Padana nel libro: Il profilo delle nuvole (Feltrinelli Ed.).

"Ghirri riconduce tutte le apparenze e le apparizioni verso quell'ultimo sfondo, verso il limite sul quale l'aperto diventa il mondo.

Riesce a fare questa operazione attraverso la visione atmosferica, cioè attraverso il sapore affettivo dei colori e dei toni: ciò gli permette di presentare tutte le apparenze del mondo come fenomeni sospesi, e dunque non più come fatti da documentare.

Ogni momento del mondo è riscattato dalla possibilità di ridargli una vaghezza, cioè di riportarlo al sentimento che abbiamo dei fenomeni".

 

Il sodalizio con Gianni Celati ha dato anche altri buoni risultati nel Quaderno di Lotus n° 11 (Electa) dedicato al Paesaggio Italiano dove lo scrittore riconosce al fotografo di: "essere riuscito a raccontare la fissità dello spazio vuoto, lo spazio che non si riesce a capire.

 

Ghirri compie una radicale pulizia negli intenti o scopi dello sguardo.

Finalmente ci mostra uno sguardo che non spia un bottino da catturare, che non va a caccia di avventure eccezionali, ma scopre che tutto può avere interesse perchè fa parte dell'esistente. (...)

 

Tra le attese ristampe di singoli lavori spicca "Atlante" che contiene insieme alle immagini, forse, tra le più "concettuali" del fotografo di Scandiano, sono così introdotte dal fotografo stesso:

"il viaggio sulla carta geografica, peraltro caro a molti scrittori, penso sia uno dei gesti mentali più naturali in tutti noi, fin dall'infanzia (...)

In questo lavoro ho voluto compiere un viaggio nel luogo che invece cancella il viaggio stesso, proprio perchè tutti i viaggi possibili sono già descritti e gli itinerari sono già tracciati.

 

Le isole felici, care alla letteratura e alle nostre speranze, sono state tutte descritte, e la sola scoperta o viaggio possibile, sembra quella di scoprire l'avvenuta scoperta".

Nel saggio contenuto in Atlante, Vittorio Savi incornicia l'avventura artistica di Ghirri nel panorama artistico contemporaneo e sottolinea i numerosi rimandi di cui è piena l'opera del fotografo, ma tocca le corde più remote del sentimento quando raccontando a suo modo gli ultimi giorni dell'amico, le sue ultime foto scattate in un paesaggio brumoso, innevato nel febbraio del 1992, dice:

"Qualora si fossero impaginate e rilegate, queste mappe dell'intensità interiore costituirebbero anch'esse un ATLANTE.”

 

Nel 1992, anno della sua morte. la galleria d'Arte Moderna di Bologna gli ha dedicato la prima retrospettiva ed il libro-catalogo intitolato: Vista con Camera 200 fotografie in Emilia Romagna si apre con una delicata introduzione di Paola Ghirri, moglie di Luigi, che, con Ennery Taramelly, delinea così l'avventura umana ed artistica del marito:

Le tracce di Pollicino vogliono essere un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta del bizzarro universo, fisico ed umano, dove l'autore ha vissuto l'infanzia e l'adolescenza: un microcosmo che avrebbe legato il "magico giocattolo" fotografia allo "stupore" incantato con cui i suoi occhi di bambino avevano dischiuso lo sguardo sul mondo (...)

Le tracce di Pollicino sono un invito a varcare una certa soglia del mondo e credere ancora nei sogni, nell'utopia e nella verità della poesia.

 

La sintesi estrema di tutto il pensiero di Ghirri può essere ritrovata in questo suo pensiero: La fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell'occhio che ferma il mondo fisico, ma è un linguaggio nel quale. la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un'infinità di mondi immaginari.




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