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12 / 11 / 2015
Lezione su Luigi Ghirri
Partecipazione gratuita riservata agli studenti del corso di fotografia Ilas
Luigi Ghirri (Scandiano 1943 - Roncocesi 1992) è stato uno dei più influenti fotografi europei cui si devono contributi ed iniziative che hanno vivacizzato atmosfera della fotografia italiana dalla metà degli anni '70 in poi.
Nato nel 1943, studia e diventa geometra, ma ben presto lascia questa professione per aprire uno studio di grafica, comincia a fotografare alla fine degli anni 60 con una macchina molto basilare regalatagli da uno zio.
La sua fotografia nasce dall’amore per l’arte in generale, la sua attenzione era dedicata al dettaglio e le sfumature, alle piccole cose mai viste prima, o meglio “per ridare dignità alle cose”.
La stessa attenzione è riportata anche nelle sue fotografie del paesaggio urbano e il cambiamento del territorio, ancora oggi spunto per molti fotografi contemporanei; sempre col filo conduttore di non fotografare lo straordinario ma la normalità.
I suoi primi scritti sulla fotografia risalgono al 1973 e sono raccolti insieme a tutti gli altri redatti come introduzioni ai suoi lavori fotografici, presentazioni di mostre ed articoli su quotidiani nel bel libro (Niente di antico sotto il sole, Ed. SEI 1997) curato da Paolo Costantini e da Giovanni Chiaramonte.
“Ho imparato, come fotografo e come ricercatore, attraverso la lezione di Ghirri, che è necessario: "nell'unità vivente di parola ed immagine, nel rispecchiamento reciproco di pittura, musica e poesia...uno sguardo nuovo sul mondo (...) evento di un uomo che pieno di stupore e meraviglia ritrova nella fotografia ed attraverso la fotografia la gioia di vedere e far vedere il senso, la necessità, il mistero di ogni figura che appare nel mondo e si riflette, attraverso lo sguardo nelle stanze della nostra memoria, da un manto di stelle accartocciato sino al Davide di Michelangelo in un posacenere di plastica" (Costantini).
In un dattiloscritto del 1984: “La fotografia: uno sguardo aperto”, programma di un seminario all'Univ. di Parma, Ghirri afferma:
"Al di là degli intenti descrittivi ed illustrativi, la fotografia si configura così come un metodo per guardare e raffigurare i luoghi, gli oggetti, i volti del nostro tempo, non per catalogarli o definirli, ma per scoprire e costruire immagini che siano nuove possibilità di percezione".
Attraverso i suoi testi scopriamo anche un suo costante interesse per la fotografia americana contemporanea, connota magistralmente, in parte criticandola, l'opera di Ansel Adams e si apre con oculate considerazioni alla generazione dei New Topographics.
A William Eggleston (da una certa critica definito l'alfiere del "banalismo fotografico") dedica alcune pagine fondamentali commentando il suo stupore nell'osservare il "cambiamento" dello stile riscontrabile nell'autore statunitense nelle foto esposte nel 1984 al Forum Stadtpark di Graz .
Nel 1989 la coppia di amici Luigi Ghirri e Gianni Celati aveva, ognuno con la propria eccelsa capacità descrittiva ed interpretativa, "letto" quel paesaggio per noi così domestico che è la Pianura Padana nel libro: Il profilo delle nuvole (Feltrinelli Ed.).
"Ghirri riconduce tutte le apparenze e le apparizioni verso quell'ultimo sfondo, verso il limite sul quale l'aperto diventa il mondo.
Riesce a fare questa operazione attraverso la visione atmosferica, cioè attraverso il sapore affettivo dei colori e dei toni: ciò gli permette di presentare tutte le apparenze del mondo come fenomeni sospesi, e dunque non più come fatti da documentare.
Ogni momento del mondo è riscattato dalla possibilità di ridargli una vaghezza, cioè di riportarlo al sentimento che abbiamo dei fenomeni".
Il sodalizio con Gianni Celati ha dato anche altri buoni risultati nel Quaderno di Lotus n° 11 (Electa) dedicato al Paesaggio Italiano dove lo scrittore riconosce al fotografo di: "essere riuscito a raccontare la fissità dello spazio vuoto, lo spazio che non si riesce a capire.
Ghirri compie una radicale pulizia negli intenti o scopi dello sguardo.
Finalmente ci mostra uno sguardo che non spia un bottino da catturare, che non va a caccia di avventure eccezionali, ma scopre che tutto può avere interesse perchè fa parte dell'esistente. (...)
Tra le attese ristampe di singoli lavori spicca "Atlante" che contiene insieme alle immagini, forse, tra le più "concettuali" del fotografo di Scandiano, sono così introdotte dal fotografo stesso:
"il viaggio sulla carta geografica, peraltro caro a molti scrittori, penso sia uno dei gesti mentali più naturali in tutti noi, fin dall'infanzia (...)
In questo lavoro ho voluto compiere un viaggio nel luogo che invece cancella il viaggio stesso, proprio perchè tutti i viaggi possibili sono già descritti e gli itinerari sono già tracciati.
Le isole felici, care alla letteratura e alle nostre speranze, sono state tutte descritte, e la sola scoperta o viaggio possibile, sembra quella di scoprire l'avvenuta scoperta".
Nel saggio contenuto in Atlante, Vittorio Savi incornicia l'avventura artistica di Ghirri nel panorama artistico contemporaneo e sottolinea i numerosi rimandi di cui è piena l'opera del fotografo, ma tocca le corde più remote del sentimento quando raccontando a suo modo gli ultimi giorni dell'amico, le sue ultime foto scattate in un paesaggio brumoso, innevato nel febbraio del 1992, dice:
"Qualora si fossero impaginate e rilegate, queste mappe dell'intensità interiore costituirebbero anch'esse un ATLANTE.”
Nel 1992, anno della sua morte. la galleria d'Arte Moderna di Bologna gli ha dedicato la prima retrospettiva ed il libro-catalogo intitolato: Vista con Camera 200 fotografie in Emilia Romagna si apre con una delicata introduzione di Paola Ghirri, moglie di Luigi, che, con Ennery Taramelly, delinea così l'avventura umana ed artistica del marito:
Le tracce di Pollicino vogliono essere un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta del bizzarro universo, fisico ed umano, dove l'autore ha vissuto l'infanzia e l'adolescenza: un microcosmo che avrebbe legato il "magico giocattolo" fotografia allo "stupore" incantato con cui i suoi occhi di bambino avevano dischiuso lo sguardo sul mondo (...)
Le tracce di Pollicino sono un invito a varcare una certa soglia del mondo e credere ancora nei sogni, nell'utopia e nella verità della poesia.
La sintesi estrema di tutto il pensiero di Ghirri può essere ritrovata in questo suo pensiero: La fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell'occhio che ferma il mondo fisico, ma è un linguaggio nel quale. la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un'infinità di mondi immaginari.