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Mostre ed eventi // Pagina 5 di 231
26.02.2020 # 5444

Marco Maraviglia //

Fino al 31/01 al Blu di Prussia // Giovanni Gastel, Selected Works, 25 foto in mostra al Blu di Prussia

Per la prima volta a Napoli il fotografo di moda in mostra con le sue eleganti opere che appartengono ormai all’immaginario. Con una rivelazione: Il digitale? È la nascita della fotografia.



Chi è Giovanni Gastel

Giovanni Gastel nasce a Milano nel 1955. Negli anni Settanta, avviene il suo primo contatto con la fotografia. Inizia con lo still-life. Dal 1982 ha collaborato con “Vogue Italia”, “Mondo Uomo” e “Donna”. Dai primi anni Ottanta a oggi, Gastel ha collaborato con più di 50 testate italiane ed internazionali e pubblicato circa 130 copertine; ha prodotto oltre 500 campagne e cataloghi per diverse maisons di moda (come ad esempio: Dior; Trussardi; Guerlain; Missoni; Tod’s) e grandi firme di beauty, gioielli e design (tra cui: Artemide ed Edra). Nel 2002, nell’ambito della manifestazione La Kore Oscar della Moda, ha ricevuto l’Oscar per la fotografia. Ha scritto e pubblicato vari libri.

La postproduzione è la nascita della fotografia

I fotografi che hanno vissuto a cavallo dei due secoli attraversati dal passaggio dall’analogico al digitale hanno avuto una fortuna che pochi hanno colto.

Giovanni Gastel è uno di quelli che ha sfruttato le opportunità tecniche del digitale per evolvere il proprio lavoro.

Cari dinosauri della fotografia, amanti della pellicola, di ingranditori e baritate, di palummelle (come si dice a Napoli: le stecchette di ferro filato con le sagome per mascherare in camera oscura le zone in ombra) e “la magia della luce rossa è un’altra cosa”, abbiate un minimo di ripensamento.

L’analogico è archeologia, col digitale la fotografia sta finalmente nascendo! Lo dice Giovanni Gastel, uno dei fotografi di moda italiani che ha a che fare con i più grandi stilisti del Made in Italy e internazionali.

Con Versace è stata un’esperienza bellissima, <>

Accade quando un committente si fida particolarmente delle qualità tecnico-creative di un fotografo e gli dà carta bianca. Nessun layout da seguire, nessun briefing, nessuna riunione con un qualche reparto creativo del cliente. Basta conoscere lo stile del fotografo che diventa una garanzia del lavoro che produrrà.

Fotografare per Giovanni Gastel, un rito

Fotografare, per Giovanni Gastel, è come compiere un vero e proprio rito per ambire alla bellezza assoluta. L’immagine si deve imprimere nella memoria, deve essere ricordata dall’osservatore ma innanzitutto da lui.

Gastel percepisce i desideri della committenza ma in relazione all’utilizzatore finale: le donne e gli uomini che indosseranno i vestiti.

Abiti che passano quasi in secondo piano perché è l’atmosfera che ricrea, l’espressione o la posa di una modella che ne costruiscono il brand.

Giovanni Gastel durante i casting per la scelta dei soggetti da ritrarre bada particolarmente ai dettagli. Lui sa che le mani, dai polsi stretti, dalle dita lunghe e affusolate, possono incidere non poco sulla comunicazione dell’immagine intera. Sceglie in base all’espressività mimico-facciale, ai dettagli del corpo.

A volte gli bastano solo tre scatti per sapere di avere la foto “assoluta”. Lo sente. Questione di istinto ed esperienza. Altre volte si rende conto che ne deve scattare molte di più.


© Giovanni Gastel

L’estetica di Giovanni Gastel

Le immagini, quelle di Giovanni Gastel, lontane dalla volgarità, di grande eleganza, la donna non è oggetto ma espressione di estrema femminilità intima, delicata, che non ammicca ma seduce.

Ho formato la mia estetica sulle persone di famiglia

Le foto esposte sono stampate in fine art su diversi tipi di supporti. Giovanni Gastel usa talvolta contrasti con alte luci al di sotto del limite ma sempre dalle ombre morbide. Ambientazioni ricreate in studio con scenografie e giochi di ombre e luci che accentrano l’attenzione sulle parti migliori della modella: il volto a volte così serico che sembra preziosa porcellana, le gambe, le spalle, la schiena. Il tutto in un’armonia ellenica, talvolta dai tratti artistici fiamminghi e rinascimentali.

È un mondo oltre, quello che il pubblico può osservare attraverso le immagini di Giovanni Gastel, estatico oltre che estetico, silenzioso, ricco di un benessere evocativo puro, senza rumore.

E Giovanni Gastel continua con la sua ricerca, sperimentando, con una fotografia “auto-commissionata” tornando anche alle sue radici, allo still-life.

GIOVANNI GASTEL – “SELECTED WORKS”

a cura di Maria Savarese

Al Blu di Prussia

Dal 19 ottobre al 31 gennaio, apertura al pubblico mar-ven 10.30-13.00/16.00-20.00, sab.10.30-13.00

Ingresso libero.


© Giovanni Gastel

26.02.2020 # 5443

Paolo Falasconi //

Modigliani e l’avventura di Montparnasse. A Livorno dal 7 novembre 2019

Giovedì 7 novembre apre al Museo della Città (piazza del Luogo Pio) la grande retrospettiva “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre” visitabile fino al 16 febbraio 2020

Modigliani a Livorno

In occasione del centenario della morte di Amedeo Modigliani (Livorno,1884 – Parigi,1920), il più illustre fra i livornesi, saranno eccezionalmente riuniti, nelle sale del Museo della Città di Livorno, 14 dipinti e 12 disegni del più straordinario artista del ‘900, oltre a più di un centinaio di altri capolavori dell’Ecole de Paris, appartenuti ai due collezionisti più importanti che hanno accompagnato e sostenuto “Dedo” nella sua vita.


Non solo Modigliani

Insieme alle opere di Modigliani saranno esposti, inoltre, più di un centinaio di altri capolavori, anch’essi collezionati da Jonas Netter a partire dal 1915. Si tratta di opere rappresentative della grande Ecole de Paris.
Tra queste si potranno ammirare dipinti di Chaïm Soutine come L’Escalier rouge à CagnesLa FolleL’Homme au chapeau e Autoportrait au rideau, eseguite dal 1917 al 1920; opere di Maurice Utrillo come Place de l’église à MontmagnyRue Marcadet à ParisPaysage de Corse; opere di Suzanne Valadon come le Trois nus à la campagneAndrè Derain con Le Grand BagneusesSt.Tropez e Portrait d’homme (Jonas Netter) di Moïse Kisling, artista polacco che ci ha lasciato uno dei ritratti più emblematici del collezionista Jonas Netter.



Orari
Lunedì – Giovedì ore 10.00 – 19.00

Venerdì, Sabato e Domenica ore 10.00 – 23.00

Nessun giorno di chiusura.

In occasione di festività gli orari potrebbero subire variazioni.

Per informazioni 0586 – 824551

07.02.2019 # 5183

Federica Cerami //

L’incredibile regalo di Sebastiao Salgado ai tre ragazzi del Binario 49

Uno dei più grandi fotografi del mondo ha deciso di regalare a tre giovani un sogno impossibile


«Sono Salgado, so che mi state cercando. Cosa posso fare per voi?».
 


Inizia con queste parole l’avventura nella quale, uno dei più grandi fotografi del mondo ha deciso di regalare, a tre giovani un sogno impossibile: esporre nel loro nascente caffè letterario di Reggio Emilia, 100 foto tratte da una sua retrospettiva che racchiude 30 anni di reportage realizzati nell’Africa sub-sahariana che immortalano gli effetti devastanti di guerre, carestie, malattie e deforestazioni.

Il progetto di Claudio Melioli, Khadija Lamami e Alessandro Patroncini punta a rigenerare uno ambiente urbano degradato e creare reti sociali attraverso l’apertura di un nuovo spazio per il quale sono stati utilizzati per gli arredi, delle vecchie strumentazioni delle ferrovie donate dalla Regione Emilia-Romagna. L’intento di questi tre giovani sognatori è di risanare un quartiere dalla pessima reputazione e fare in modo che l’integrazione possa arrivare anche in periferia, creando un incubatore di economia solidale in un quartiere – quello della stazione di Reggio – da sempre zona franca; un guazzabuglio di emarginazione e disillusione in cui gravitano balordi, pusher e giovani extracomunitari senza identità e futuro.

Grazie alla incredibile generosità di Salgado, da sempre molto attento alle tematiche sociali, la mostra potrà essere aperta al pubblico dal 9 febbraio al 24 marzo e sarà divisa tra lo spazio di via Turri – dove saranno visibili gli scatti realizzati tra il 1974 e il 2005 nel sud del continente tra Mozambico, Malawi, Angola, Zimbabwe e Ruanda – e quello di via Gerra, poco distante, che accoglierà tra gli altri i reportage realizzati dal 1973 al 2006 nelle Regioni dei Grandi laghi tra Repubblica Democratica del Congo, Burundi, Tanzania, Zaire, Senegal ed Etiopia. L’ingresso sarà gratuito perché, affermano i ragazzi: «Salgado ha donato le sue foto a noi e noi le doniamo al pubblico. Presto attiveremo un crowdfounding su sito https://b49.it/  perché vogliamo che questa associazione cammini con le sue gambe anche dopo la fine della mostra».

07.02.2019 # 5181

Marco Maraviglia //

Francesco Rastrelli in mostra con La fortuna di esser nato a Napoli

Un calendario in omaggio ai visitatori della mostra presso la più antica stamperia di Napoli negli affascinanti locali che hanno resistito nel tempo.

Le prime foto che vidi oltre vent’anni fa di Francesco Rastrelli, furono delle diacolor sulla mattanza di Favignana che mi fecero subito capire lo spessore tecnico e umano del suo modo di approcciarsi a ciò che fotografava. Uno stile fresco, dinamico, colpo d’occhio veloce, un certo senso della previsione dell’azione…


Nato a Mergellina, Francesco Rastrelli si afferma come art director nell’advertising internazionale… asseconda la sua passione per il mare, dedicandosi a fotografia ed archeologia subacquea…


Da più di dieci anni è approdato al photo yachting, in particolare di vele d’epoca, di cui segue come fotografo ufficiale i Raduni del Mediterraneo nonché i restauri delle più belle barche d’antan; alla passione per il mare si affianca quella per le Auto Classiche, di cui segue i rally in tutta Europa. 


C’è un certo quid in chi è nato a contatto con il mare. Nascere a Mergellina credo sia stato caratterizzante per Francesco Rastrelli perché è uno dei pochi fotografi che hanno “il mare dentro”, in sintonia con tutte le sue danze, i suoi tempi e ritmi, i suoi umori.


Francesco Rastrelli l’ho sempre collocato nel mio immaginario tra quei pochi fotografi per me “riconoscibili anche senza credit” specializzati in fotografia nautica, subacquea e di tutto il mondo intorno al mare.


Quando ho saputo che avrebbe allestito questa mostra su Napoli, mi sono chiesto se il tema non fosse già stato esaurito ampiamente da ogni fotografo e se non temeva il rischio di cadere nella banalità, nella ridondanza di immagini stereotipate di Napoli…


La fortuna di esser nato a Napoli


Si è fortunati nel nascere in città eclettiche, creative, liquide, stimolanti come Napoli, ma si è ancor più fortunati nel nascere vicino al mare. Perché sono del parere che se nasci in un contesto, hai l’imprinting di quel mondo.


Perché entri in contatto visivo con le grafiche auree ed essenziali della natura marina che assorbi e, anche se inconsciamente, restano quelle che ti fanno osservare in un certo modo tutto il resto.


Ma se poi hai lavorato anche per diversi anni nell’advertising, il senso estetico della composizione che “deve comunicare” ce l’hai comunque per affrontare ogni genere di soggetto. E, se il soggetto può essere scontato, già ritrito in tutte le salse, resta il modo di come lo comunichi che conta.



Il calendario

In realtà il pretesto della mostra è stato quello di realizzare un calendario da regalare.

Un piccolo grande progetto di Francesco Rastrelli, tra i tanti lavori già realizzati in tandem con le Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli, la più antica industria tipografica napoletana dal 1856 e che ospita la mostra.

Il calendario è un oggetto di cui se n’è perso un po’ il suo senso classico e prezioso di una volta.

Regalare un calendario è un modo per ringraziare l’affezionata clientela con la quale mantenere un legame nell’arco dell’anno successivo. Perché per tutto l’anno non puoi dimenticarti del barbiere o dell’impresa che ti ha ristrutturato casa. Quel calendario ti resta davanti agli occhi, per 365 giorni.

 

Per chi ha vissuto gli anni ’70 ricorda sicuramente la quantità calendari in omaggio che entravano in casa. A volte quasi non si sapeva dove appenderli.

Oggi è difficile trovare qualcuno che ti regali un bel calendario.

Sembra che produrre il calendario aziendale sia un investimento che non dia più un buon feedback. Forse è meglio organizzare festicciole per presentare una nuova sede aziendale con annesso buffet e, in tale occasione, recuperare indirizzi mail per lo “spam consensuale”. O altre fantasmagoriche alternative.

Strategie di marketing che cambiano…

Francesco Rastrelli, classe ’64, è figlio del Baby Boom e quindi per questo è legato probabilmente al concetto del calendario da dare in omaggio. E infatti non è nemmeno il primo che realizza…



Le immagini di “La fortuna di essere nato a Napoli”

Aumenta il turismo in città, aumenta l’offerta ricettiva, aumentano le visite guidate… ma tra i souvenir, tanti magneti e niente calendari. O almeno non è facile trovarne di un certo gusto.

Sembra complicato rappresentare Napoli attraverso fotografie che non ricadano nello stereotipato, nell’oleografica, nel banale, nel déjà vù, eppure, credo che il segreto delle foto scattate da Francesco Rastrelli, sia stato proprio il luogo comune di Napoli.

Ciò che il turista imprime nella mente durante il suo soggiorno a Napoli, è proprio il Maschio Angioino, Santa Chiara, Piazza Plebiscito, Castel dell’Ovo…

Nessuna inquadratura virtuosa, nessun dettaglio che decontestualizzi in maniera astratta la città, nessuna “ora blu”, nessuna spettacolarizzazione della città con grandangolate a fish-eye o dronate (tra l’altro Francesco ha anche la patente per “volare” con drone). Il segreto consiste in realtà nel “semplice semplice”: semplice il soggetto e semplice la sua inquadratura.

Una semplicità affinata poi dal viraggio seppia, da una cornice che ricorda i bordi di certe stampe del ‘900 di quando erano emulsionate a mano le carte, dall’equilibrio delle ombre e luci… senza particolari spennellate di correzione in Camera Raw che ingannerebbero la percezione media che potrebbe avere un turista.

Perché sono immagini realizzate fondamentalmente da un comunicatore.

Francesco Rastrelli non può non conoscere quella vecchia regola della grafica che “è meglio togliere che aggiungere” ma sa anche che la percezione latente di un osservatore riesce a cogliere in maniera minimalista la stampa quadricromica in Offset, pur se l’effetto finale è monocromo.

Perché la semplicità è eleganza ed è più diretta.


Caratteristiche tecniche delle immagini esposte

Francesco Rastrelli ha esposto ventidue immagini nei locali degli uffici delle Officine Grafiche Giannini in via Cisterna dell’Olio.

Stampate a laser su carta ad effetto baritata, firmate e con timbro a secco e successivamente calandrate su cartone grigio/grigio.

Alcune appese al muro, altre su cavalletti.

Ogni immagine è accompagnata da citazioni di personaggi del mondo della cultura internazionale: da Goethe a Erri De Luca, da Eduardo De Filippo a Giorgio Bocca; e poi Stendhal, Elsa Morante, John Turturro, Christian De Sica, Luciano De Crescenzo… testi che sono grandi testimonianze di affetto verso la città e, in particolar modo, di chi non ha avuto la fortuna di nascere a Napoli.

 

Francesco Rastrelli, La Fortuna di esser nato a Napoli

Fino all’8 marzo 2019

Visitabile: giov. e ven. dalle 16.00 alle 18.00

Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli

Via Cisterna dell’Olio, 6/B

24.10.2018 # 5126

Marco Maraviglia //

Simona Guerra e la vita agra del creativo. Sulle tracce di Bianciardi

Quando la proprietà intellettuale viene derubata e si progetta una improbabile vendetta contro un sistema marcio che vive impropriamente di cultura

Chi è Simona Guerra

Simona Guerra, classe ’73. Da circa vent’anni ha trasformato la sua passione per la Fotografia in una professione per cui è riconosciuta a livello nazionale organizzando eventi e mostre.

E scrive. Scrive di fotografia tra cui alcune biografie dei grandi Mario GiacomelliMario DonderoCesare Colombo.

Vive tra Bologna e Senigallia, dove è nata.

Simona Guerra svolge un lavoro circoscritto nella sfera creativa. Chiunque svolga una professione creativa, in cui il lavoro intellettuale è predominante, attraversa inevitabilmente magagne di ogni genere, per il microcosmo in cui si opera, composto spesso da individui gretti, ignoranti, superficiali o arrampicatori sociali e politici.

Gente che a volte, di fronte a progetti culturali, non solo li individuano come strumenti arrivistici, ma non ne afferrano il lavoro intellettuale e l’impegno che c’è dietro. O non vogliono volutamente comprenderlo. Un impegno che non è solo creativo, non solo “una bella idea”, ma fatto anche di ricerca, di contatti con le parti coinvolte, di sforzo per redigerlo con schede e slide esplicative, eventuali partner e sponsor da coinvolgere…

<> Si direbbe. Dietro quelle carte c’è un lavoro. E il lavoro va rispettato.






La proprietà intellettuale è una cosa seria


Chissà a quanti di quelli che stanno leggendo, sarà capitato il furto di un’idea. Quanti si saranno visti una propria foto rubata, pubblicata su un cartaceo o una rivista online senza nemmeno l’attribuzione del credit, del proprio nome, e senza nemmeno percepire un giusto compenso.

Quanti post sui social non sono “condivisi” ma copiati e incollati facendo credere di averli scritti di proprio pugno?

Non si tratta di rispetto della paternità del pensiero (scritto o figurativo) di chi lo produce, di etica e deontologia, ma dell’assenza del pensiero stesso di chi non è capace di progettare.

L’ignoranza porta a confondere il pubblico dominio, qualcosa che sta da qualche parte, con il Creative Commons.

E tanta altra roba…


Il lavoro per la cultura


Simona Guerra è un’operatrice culturale del mondo della fotografia e ha voluto raccontare la storia di un suo analogo che lascia il proprio paesello dopo aver subito il furto del progetto di una mostra da parte dei responsabili dell’Assessorato alla Cultura e con tradimento del fotografo che, pur di fare la mostra, preferisce fregarsene della paternità del progetto stesso.

Legami politici, legami con chi conta per tenere in piedi la macchina elettorale e sostenere chi garantisce che certa politica fatta di scambi di favore continui ad esistere.

Un mondo adornato da burocrati, galoppini e di giornali schierati, di cui la cultura, quella che potrebbe risollevare la civiltà dal pantano creato da un sistema economico becero, non è altro che una strada da sfruttare appropriandosi di idee mal manipolate, proprio per quegli interessi economici e politici e non per mera conoscenza e ampliamento dei propri orizzonti intellettuali, sociali e civili. E con questo processo le idee buone possono scomparire facendo deteriorare l’intera offerta culturale.


Per me non è un libro di denuncia, no, ma raccontare quello che vedo e che provo. Chiedermi soprattutto cosa posso fare per stare meglio? Come fare a trovare un mio equilibrio in questo terremoto continuo? Come potrei modificarmi in questo mondo che cambia?

Il mio libro non sposterà niente, nessuno.

– Simona Guerra –


Nella “grande città” le cose non sono poi così diverse


Il protagonista lascia il proprio paese per andare a lavorare nella “grande città”, un luogo anonimo che potrebbe essere un qualsiasi capoluogo italiano. I rapporti col suo saggio compagno sono inficiati dalla lontananza e da nuovi incontri e si rende conto di ritrovarsi in un mondo non tanto diverso nelle sue dinamiche arrivistiche.


Per leggere il proprio nome citato nel colophon di un catalogo e quindi vedersi finalmente riconosciuto il proprio lavoro, ce ne vuole.


Come tanti lavori creativi che non hanno un albo ufficiale alla stregua di quelli di avvocati, medici, ingegneri ecc., il protagonista vive la sua condizione di precario “a partita IVA”, in un territorio di sciacalli e squali in cui il mobbing e la pratica dell’obliare le persone è prassi. I meriti non bastano.


C’è un gran lavoro da fare di relazioni pubbliche, sorrisi a cattivo gioco, compromessi. Aleggia in lui l’idea di trasferirsi all’estero dove c’è comunque da faticare per farsi strada ma con maggiore lealtà. Dove se telefoni a un addetto stampa ci parli e non trovi l’irraggiungibile “addetto al muro di gomma”.


Il protagonista scalcia in questo mondo ma non incontra solo feccia umana. Artisti e colleghi disinteressati si lasciano riconoscere e si rende conto che può farcela e che quel desiderio latente di vendetta dinamitarda va scemando.


L’epilogo è brividamente agro e felice.



Note tecniche del libro

Tre fascicoli 15×21 per un totale di 116 pagine ripiegate e leggibili in un paio d’ore. Non rilegate. Nessuna brossura, nessuna cucitura a filo refe. Nemmeno spillate. Tenuti insieme, prima della lettura, solo da un nastrino rosso con sigillo di cera lacca.


Font graziato, corpo 12, margini al testo di circa 2cm, una media di dieci parole a rigo… Insomma, un libro di buon stile grafico.


Leggendo questo libro a letto, sorridevo nella mia incazzatura per le pagine che scivolavano tra di loro. È un modo per restituirci e farci comprendere, la precarietà del lavoro di un free-lance.


All’interno alcune foto di Massimiliano Tursi che ritraggono i luoghi vissuti dallo scrittore Luciano Bianciardi a cui Simona si ispira (La vita agra, 1962).


È un romanzo indipendente. Forse un po’ scomodo. Ma bisogna dare il merito a Simona Guerra di aver un attimo esorcizzato, liberandosene, di un certo modo di fare cultura. Non fa riferimento a fatti e persone perché in realtà non esistono. O forse sì. Solo gli addetti ai lavori potrebbero riconoscersi, dall’una o dall’altra parte.


 


La vita è ancora agra, signor Bianciardi


Di Simona Guerra


Edizioni in(con)tra


ISBN 978-88-999359-13-3

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