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Mostre ed eventi // Pagina 26 di 231
21.12.2015 # 4422
Henry Moore

Daria La Ragione //

Henry Moore

a Roma fino al 10 gennaio 2016

Mostra promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma, in collaborazione con Tate e con Electa a cura di Chris Stephens e Davide Colombo.

La mostra  presenta una selezione di sculture, disegni, acquerelli e stampe di uno dei più grandi artisti inglesi: Henry Moore (1898–1986). La Tate conserva la collezione più ricca e rappresentativa dagli anni Venti ai Settanta, anche grazie alla donazione dell’artista stesso. Riconosciuto come uno dei più grandi scultori contemporanei, deve il suo successo all’abilità tecnica e inventiva al servizio del racconto della nostra epoca.

Molte le creazioni in mostra che denotano il suo peculiare rapporto tra pieni e vuoti, esaltato dalla monumentalità del luogo, le Grandi Aule delle Terme di Diocleziano. Soprattutto ai vuoti è infatti affidato un senso di continuità tra dentro e fuori, cosi che le sculture non vivono solo nello spazio ma nello stesso tempo lo creano, come se spazio e materia scultorea fossero un tutt’uno. Straordinaria la serie delle figure femminili sdraiate, come espressione dell’eterna femminilità, della Madre Terra. Alle Terme di Diocleziano 75 le opere esposte.

La rassegna si suddivide in aree tematiche che esplorano l’età moderna, i temi della guerra e della pace, la più famosa tematica di Moore “madre e figlio” e le sculture destinate agli spazi pubblici.


11.01.2016 # 4439
Henry Moore

Daria La Ragione //

IMPRESSIONISTI E MODERNI.

A Roma fino al 14 febbraio 2016

La mostra dal titolo “Impressionisti e moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington” presentasessantadue dipinti provenienti dal primo museo americano di arte moderna.

Nelle intenzioni del fondatore Duncan Phillips, la prestigiosa istituzione, inaugurata a Washington D.C. nel 1921, avrebbe dovuto diventare "un museo intimo e raccolto, ma anche sede di sperimentazioni" in cui presentare l’arte contemporanea accanto a capolavori più noti. Oggi la Phillips Collection è una raccolta di opere d’arte moderna e contemporanea apprezzata in tutto il mondo. Nell’imminenza del suo centesimo anniversario, il museo ha organizzato un’importante mostra itinerante nel corso della quale il pubblico romano avrà per la prima volta l’occasione di ammirare una parte della sua ricca collezione.


Questa straordinaria mostra dedicata alla pittura europea e americana è organizzata cronologicamente, riflettendo in forma di macro-sezioni le grandi correnti culturali che hanno attraversato l'Ottocento e il Novecento fino al secondo dopoguerra.

Si esordisce con le opere dei grandi artisti che all'inizio del XIX secolo hanno rivoluzionato la pittura europea da Goya a Ingres, da Delacroix a Courbet e Manet, messe in dialogo con quelle dei maestri dell’impressionismo francese come Cézanne, Degas, Van Gogh, Monet e Sisley. Un posto di spicco spetta ai maestri moderni che hanno plasmato la visione artistica del Novecento, tra cui Bonnard, Braque, Gris, Kandinskij, Kokoschka, Matisse, Modigliani, Picasso, Soutine e Vuillard, accanto agli americani Arthur Dove e Georgia O'Keeffe. Scoprire le opere fondamentali di grandi artisti americani ed europei del secondo dopoguerra come De Staël, Diebenkorn, Gottlieb, Guston e Rothko sarà per il visitatore un'esperienza intensa e completamente nuova.


La Phillips Collection è sostanzialmente diversa da altre istituzioni nate tra le due guerre poiché il suo fondatore, molto interessato al rapporto tra l'arte del passato e del presente, intendeva sostenere giovani artisti di vari orientamenti estetici e acquistò le opere giudicandone il merito, non perché illustravano scuole di pensiero, o erano alla moda o per il nome dei loro autori. Nel 1954, rivolgendosi alle nuove generazioni, Phillips scrisse: "Nelle nostre sale si mescolano epoche e nazionalità diverse, dipinti antichi e moderni che, accostati, acquistano senso e rilevanza in nuovi contesti, per contrasto o per analogia".


11.01.2016 # 4438
Henry Moore

Daria La Ragione //

UNA DOLCE VITA? DAL LIBERTY AL DESIGN ITALIANO. 1900-1940

a Roma fino al 17 gennaio 2016

Nell'Italia di inizio Novecento, le arti decorative, già eredi di un'importante tradizione artigianale e artistica, si fanno interpreti del desiderio di progresso di una Nazione che ha da poco conosciuto l'unità. Ebanisti, ceramisti e maestri vetrai lavorano spesso in collaborazione con i maggiori artisti del tempo, dando vita a un vero e proprio "stile italiano" destinato a influenzare la nascita stessa del design moderno. Si tratta di un periodo di "ottimismo paradossale", di intensa creatività con, sullo sfondo, una società in profonda trasformazione, alimentata all'inizio dalle speranze del governo Giolitti, ma presto costretta a subire il trauma della Prima guerra mondiale e il tragico esito del regime mussoliniano.

 

Per esplorare un simile contesto, la mostra procede attraverso un percorso cronologico composto da oltre cento opere e basato su un dialogo continuo tra arti decorative e arti plastiche. L'inizio del Novecento è caratterizzato dall'affermazione dell'Art Nouveau, noto in Italia come "stile Liberty" o "floreale". 

A partire dall'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Torino nel 1902, lo stile Liberty acquista via via una particolare originalità nelle opere di artisti come Carlo Bugatti, Galileo Chini, Eugenio Quarti, Ernesto Basile, Carlo Zen. La loro propensione per le linee curve ispirate alle forme della natura, con accenti talvolta esotici, si ricollega all'opera dei pittori divisionisti, vicini alle tendenze simboliste diffuse in tutta Europa e rappresentate in mostra da importanti quadri di Previati, Segantini, Morbelli, Pellizza da Volpedo.

Al gusto Liberty, divenuto lo stile dominante della nuova classe borghese, si opporrà con la sua volontà "antipassatista" il Futurismo. Questo movimento d'avanguardia, nato nel 1909 dalla mente di Tommaso Marinetti, si estenderà tuttavia alla arti decorative solo dopo la Prima guerra mondiale, durante il cosiddetto "Secondo Futurismo". 

Nel 1915, Giacomo Balla e Fortunato Depero firmano un manifesto intitolato "Ricostruzione futurista dell'universo", in cui si annuncia l'intento di estendere l'estetica futurista a tutti gli aspetti dell'arte e della vita. Questi due artisti, che dichiarano di voler ricostruire l'universo "rallegrandolo", daranno vita a numerosi oggetti di arte decorativa e di uso quotidiano, dai mobili ai vestiti, dagli arazzi ai giocattoli.

 

Durante gli anni del "Ritorno all'ordine" - che seguono, in tutta Europa, la stagione delle avanguardie - il recupero della cultura classica assume in Italia diverse declinazioni nell'ambito delle arti plastiche e decorative. Tra le versioni più interessanti ricordiamo la Metafisica di De Chirico e di Savinio, e il Realismo magico il cui maggiore rappresentante fu Felice Casorati. 

In maniera analoga, una visione incantata, sospesa tra ispirazione classica e gusto déco, caratterizza le ceramiche di Giò Ponti, o ancora le prime creazioni in vetro di Carlo Scarpa. Per quanto riguarda la produzione architettonica e l'arredo, lo stile monumentale di Giovanni Muzio e Piero Portaluppi coincide con il ritorno al classicismo celebrato dal "Novecento", il movimento sostenuto da Margherita Sarfatti e destinato a diventare il mezzo di espressione ufficiale del regime fascista. Negli stessi anni, il regime seppe tuttavia aprirsi agli esperimenti modernisti di artisti quali Giuseppe Terragni e Mario Radice (gli autori della famosa Casa del Fascio di Como), a cui si avvicinano le opere astratte di Fontana, Melotti o ancora Licini. 

Infine, nel campo delle arti applicate, lo stile razionalista - conformemente alle tendenze europee artisti come Albini, Baldessari, Figini e Pollini, segnano il passaggio verso la produzione industriale e il design nella sua accezione moderna.


11.01.2016 # 4437
Henry Moore

Daria La Ragione //

Daniel Buren

a Napoli fino al 29 febbraio 2016

Il museo Madre presenta il primo dei progetti che, nel corso del 2015, saranno appositamente commissionati all’artista francese Daniel Buren (Boulogne-Villancourt, 1938) per celebrare la relazione fra il museo e il suo pubblico, tra l’istituzione e la sua comunità, in occasione dei primi dieci anni di attività del Madre. Uno dei massimi artisti contemporanei, Daniel Buren è autore di un’opera in cui la valenza visiva è sempre associata a quella teorica e il cui elemento emblematico potrebbe essere riassunto nella sua comprensione e utilizzo della nozione di in situ: espressione con cui l’artista stesso indica la stringente interrelazione fra i suoi interventi e i luoghi espositivi (ma anche urbani) in cui essi sono realizzati. Il progetto di Daniel Buren per il Madre è strutturato in più capitoli, fra loro connessi: da aprile ad agosto 2015 l’artista interverrà nella sala Re_PUBBLICA Madre con la grande installazione in situ intitolata Come un gioco da bambini (2014-2015, in collaborazione con Musée d’Art Moderne et Contemporain, Strasburgo).


Con questo primo intervento Buren accoglie i visitatori nella grande sala al piano terra del museo, trasformata in uno spazio ludico, un vero e proprio gioco di costruzioni a grandezza reale, o un kindergarten (“giardino d’infanzia”) a dimensione ambientale, ottenuto grazie all’assemblaggio di un centinaio di moduli di forme geometriche e colori diversi ispirati ai solidi del pedagogo tedesco Friedrich Wilhelm August Fröbel (sfere, cubi, cilindri in legno che, esaltando le potenzialità conoscitive del gioco rispetto al linguaggio, inducono il bambino alla scoperta partecipata e comunitaria della realtà e delle proprie capacità espressive stimolando facoltà quali percezione, esercizio tattile, costruzione e decostruzione).



Il visitatore, inoltrandosi nell’installazione, si ritrova di fronte a una realtà in potenza, che gli permette di ricostruire il mondo intorno a sé con un rinnovato stupore e un’infantile meraviglia. L’opera – risultato della collaborazione fra l’artista e l’architetto Patrick Bouchain – si propone in questo modo come un sottile dialogo interiore con l’architettura, che diventa quasi viva, performativa: i visitatori hanno la possibilità di passeggiare all’interno di una città fatta di cerchi ipnotici (su cui appaiono le righe di 8,7 cm che sono il segno ricorrente e distintivo delle opere di Buren), archi colorati, torri cilindriche, basamenti quadrati, timpani triangolari, collocati simmetricamente fra loro, quasi fossero parte dell’architettura stessa del museo, dotandola infine di una sua ipotetica ed alternativa potenzialità ricostruttiva. Quello che appare di fronte all’osservatore è infatti un paesaggio composito, la riproduzione di una vera e propria città in miniatura, che mette in relazione la città reale (che viene come incorporata, nelle sue forme archetipiche, all’interno del museo) con la città immaginifica che si innalza di fronte ai nostri occhi: quasi una città metafisica che si articola gradualmente come una passeggiata nel colore che procede dal bianco puro iniziale a un caleidoscopio di colori, e che si può attraversare con l’occhio seguendo una ritmica, quanto vertiginosa, prospettiva.



11.01.2016 # 4429
Henry Moore

Daria La Ragione //

Licalbe Steiner - Grafici partigiani

a Milano fino al 28 febbraio 2016

Un percorso suggestivo tra materiali, testimonianze, lavori grafici, fotografie e video sulla vita e l’opera di entrambi i protagonisti, ciascuno con una storia ed un’identità proprie, ma legati dal 1938 in maniera indissolubile nel privato e nel lavoro. Dopo circa 40 anni Milano dedica una mostra monografica ai due grafici, protagonisti e interpreti  della rinascita culturale italiana nel dopoguerra,  insieme a intellettuali come Vittorini e Calvino. Proprio a Calvino si deve un ricordo speciale di Albe all’indomani della sua morte sulle pagine dell’Unità “per Albe il piacere dell’invenzione formale e il senso globale della trasformazione della società non erano mai separati”.

La mostra, curata da Anna Steiner, cade nel 70° anniversario della Liberazione d’Italia a testimonianza dell’impegno civile iniziato durante la Resistenza e che ha contrassegnato tutto l’arco della loro vita. Il lavoro degli Steiner fu sempre caratterizzato da una poetica dell’ottimismo, da una fiducia dichiarata nel presente e nel futuro, credendo che l’impegno in prima persona, professionale, didattico potesse segnare la differenza.

Attraverso numerosi materiali di archivio, il percorso della mostra ripercorre la produzione dello Studio L.A.S. dai primi lavori: dal 1939 fino alla Liberazione e al viaggio in Messico (1946-1948), in una narrazione scandita dalle diverse sezioni: ricerca grafica e foto-grafica, editoria, pubblicità e allestimenti, marchi, presentazione di prodotto, manifesti e grafica di impegno civile, formazione professionale.

Una sezione inedita ricostruisce l’attività di Lica dalla scomparsa di Albe nel 1974, fino al 2008, anno dell’inventariazione dei materiali dell’Archivio Albe e Lica Steiner donato da Lica e le figlie al Politecnico di Milano. Negli ultimi trent’anni Lica ha continuato, insieme all’insegnamento, a lavorare con Anna Steiner e Franco Origoni.

La biografia viene ricostruita in mostra attraverso rari documenti che Lica ed Albe hanno tenacemente conservato nel tempo, nonostante guerre, distruzioni e viaggi, a testimonianza della loro formazione e della loro unione “intellettuale” che li ha visti così inseparabili da essere chiamati da loro stessi e dagli amici, i “Licalbe”, tracciandone un’unica identità.

I materiali esposti provengono dall’ “Archivio Albe e Lica Steiner” del Politecnico di Milano e dalla Collezione privata dello Studio Origoni-Steiner. La mostra è stato realizzata grazie alla partecipazione di Coop, che ha saputo vedere in questo progetto un momento importante per la storia e la memoria del suo marchio, disegnato da Steiner nel 1963, poi ridisegnato da Bob Noorda d’accordo con Lica Steiner. 

A Albe Steiner si deve anche tutta la declinazione / applicazione del marchio Coop sugli imballaggi coordinati e l’allestimento del primo magazzino a libero servizio Coop di Reggio Emilia studiato in funzione dell’individuazione dei reparti e dei prodotti. 

La mostra è l’ultima parte di un progetto di diffusione della vita e delle opere degli Steiner promosso da Ardaco e sostenuto da Coop, iniziato sette anni fa con la realizzazione del film documentario Linea Rossa. Insieme per un Progetto di cambiamento di Enzo Coluccio e Franco Bocca Gelsi (Ardaco-Orda d’Oro, 2009) in cui una intensa Lica ha lasciato la sua ultima testimonianza diretta, insieme a quella di amici, famigliari, artisti come Arnaldo Pomodoro e Francesco Leonetti. (Il film sarà presente in mostra).


21.12.2015 # 4421
Henry Moore

Daria La Ragione //

DAL MUSÈE D’ORSAY. IMPRESSIONISTI TÊTE À TÊTE

a Roma fino al 07 febbraio 2016

Nell’ambito dell’importante rapporto tra il Musée d’Orsay e il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini verrà presentata a Roma, dal 15 ottobre al 7 febbraio 2015,una straordinaria mostra dedicata ai maestri impressionisti dal titolo“IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête”. 


L’esposizione traccia un ritratto della società parigina della seconda metà dell’Ottocento, attraversata dai grandi mutamenti artistici, culturali e sociali di cui gli impressionisti furono esponenti e testimoni, grazie ai capolavori provenienti da uno dei nuclei fondamentali del Musée d’Orsay, le raccolte impressioniste.


Curata da Xavier Rey, direttore delle collezioni e conservatore del dipartimento di pittura del Musée d’Orsay, e da Ophélie Ferlier, conservatore del dipartimento di sculture del Musée d’Orsay, l’esposizione prende in esame i sessant’anni di pittura francese (1860-1919) in cui nacque, si sviluppò e si affermò la pittura impressionista, e i suoi esiti finali, il postimpressionismo. 


Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Frédéric Bazille, Camille Pissarro, Paul Cézanne, Berthe Morisot: questi, tra i tanti, gli artisti presenti al Complesso del Vittoriano, in una rassegna di oltre sessanta opere, tra cui anche dieci sculture. 


Alla ricerca di nuovi e più attuali valori della visione, e partendo da un assunto essenzialmente naturalistico e antiaccademico, gli impressionisti rifiutarono ogni nozione acquisita dell’oggetto per affidarsi all’immediata impressione del vero. Attraverso la resa degli effetti di luce, utilizzando le ombre colorate, e grazie a una pennellata rapida e sciolta, dalle loro opere emerge l’interesse per la realtà attuale, la ricerca di una resa del soggetto e dell’espressione libera, e il rifiuto di ogni processo ideologicamente canonico di rappresentazione.


Attraverso i volti, gli abiti, le posture e gli accessori dei personaggi ritratti, attraverso i luoghi e le ambientazioni in cui essi sono inseriti “IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête” offrirà la possibilità di ricostruire l’ambiente culturale, i contesti sociali e gli stimoli artistici in cui operarono gli artisti impressionisti; e, soprattutto, e di cogliere quella “rivoluzione dello sguardo” e quel rinnovamento stilistico di cui il movimento impressionista fu portavoce.


Le opere scelte, alcune diventate vere e proprie icone dell’impressionismo, mettono in luce gli aspetti innovativi del movimento artistico ed evidenziano, allo stesso tempo, le connotazioni delle singole personalità. Sarà possibile ammirare gli artisti riuniti intorno a Manet ritratti nell’Atelier di Bazille, ma anche la Berthe Morisot immortalata nel celebre Balcon di Manet e la giovane sconosciuta di Montmartre colta nell’istantaneità di una conversazione dell’Altalena di Renoir. Come affermava Charles Baudelaire, personalità chiave nel diffondere fra gli artisti che saranno poi definiti impressionisti: “Vero pittore è colui che sa afferrare il lato epico della vita di ogni giorno e sa farci vedere quanto siamo grandi e poetici nelle nostre cravatte e nelle nostre scarpe verniciate”. E, con lui, scriveva Zola nel suo Salon del 1875: “I ritratti , questi dipinti della vita di ogni giorno, dovrebbero, per il loro stesso carattere, rappresentare la modernità”.

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